Tattica e soluzioni efficaci/Gli otto "punti" di Bersani mettono in difficoltà gli altri partiti Il rischio di azzerare qualsiasi cultura di governo di Widmer Valbonesi La cosa più sconvolgente in questo post elezioni non è solo constatare che il tanto decantato bipolarismo non esiste, e nemmeno un tripolarismo di praticità, al fine del potere, può garantire la governabilità, ma è la pochezza dell’analisi politica e sociale della non conoscenza dei meccanismi istituzionali ciò che spaventa perché è solo un posizionarsi tatticamente e non certo trovare le soluzioni ai problemi del paese. Bersani, ancora prima di essere nominato dal Presidente della Repubblica, e non è detto che lo sia, per le logiche d’interesse generale che non possono tutelare il posizionamento del PD - come invece fa - minaccia e ricatta pur sapendo che nemmeno il capo dello Stato potrebbe oggi sciogliere le camere. Napolitano non darà mai un incarico privo di maggioranza, al massimo può favorire una soluzione istituzionale che con una persona al di sopra delle parti e dei partiti abbia due o tre punti molto chiari da raggiungere col concorso di tutti coloro che vorranno assumersi la responsabilità in Parlamento di votarli. Legge elettorale, tagli di alleggerimento dei costi pubblici e quindi abolizione delle province, misure di sostegno all’economia boccheggiante attraverso anche una revisione della politica di rigore europea che va affiancata a misure di crescita favorendo gli investimenti. Bersani invece ha proposto otto punti politici tesi a mettere in difficoltà gli altri partiti ma assolutamente ininfluenti ai fini dello scopo contingente del governo. Un po’ perché ci vorrebbero tre legislature per realizzarli, un po’ perche’ conditi di ricatti e di pregiudiziali che sono inadeguati a ricevere un sostegno in parlamento. La cosa è talmente e platealmente scoperta che tutti capiscono che Bersani in preda all’antiberlusconismo, ignora totalmente Monti dopo averlo corteggiato per tutta la campagna elettorale, apre a Grillo per imbrigliarlo in logiche di governo sapendo che riceverebbe un no deciso. Però, crede Bersani, che così il PD sarà preservato dalle critiche di irresponsabilità perchè una proposta loro l’avevano fatta. Bersani concludendo i lavori della direzione del suo partito si chiedeva se avessero commesso degli errori o se non dovessero prendere atto che la colpa è del fatto che loro sono proprio così. Traduco: Bersani si rende conto che la sinistra che ha messo in campo è proprio così perdente perché incapace di analizzare l’evolversi della società, ferma ai dogmi di una superiorità morale che non esiste e non è mai esistita, con la demonizzazione dell’avversario con cui non ci si confronta, ma si cerca di demolirlo a volte banalizzandolo, a volte affidandosi alle indagini di una magistratura militante, a volte pretendendo di suggerire loro l’atteggiamento da tenere. Come con Grillo: dopo averlo chiamato demagogo, populista, filo nazista perchè corteggiava il movimento Casa Pound, antieuropeo, cioè un movimento di protesta, adesso pretende che si traformi, suicidandosi, in un movimento di governo che appoggi i punti del PD. C’è una arroganza disarmante in tutto questo, non si capiscono le ragioni né della protesta né della modernità, abbarbicati sui modelli della CGIL che difende lo stato assistenziale e i dipendenti pubblici, degli ammortizzatori sociali anziche’ dello sviluppo e poi ci si meraviglia di aver commesso un altro clamoroso flop. La destra sta ferma, aspetta che Napolitano la scongeli consapevole che con questa sinistra non ha nulla da rischiare se si ritorna alle urne. L’unico serio pericolo, se rimane questa legge elettorale, è la deriva verso il movimentismo grillino. Berlusconi è impegnato a difendersi nei tribunali, il PDL ha dato disponibilità a ricercare la governabilità senza proporre pregiudiziali ma sollevando il problema della inadeguatezza della proposta di Bersani e del PD. Renzi che si defila, senza parlare lancia una rasoiata alla politica vecchia maniera del PD, quella che pensa al partito senza pensare al paese, ma forse è troppo tardi per mostrarlo come la riserva del paese, bruciato col coinvolgimento tardivo nella campagna elettorale: non è stato percepito come l’innovatore, ma come un megafono delle tattiche spocchiose di Bersani. Credo che la politica economica e sociale saranno sempre di più decise in sede europea, e che l’obiettivo di una Europa politica debba essere l’impegno strategico dell’Italia. Nel frattempo occorre restituire al Parlamento la sua funzione di nominare il governo e questo sarà possibile solo con una legge proporzionale che elegga democraticamente i propri rappresentanti e assegni alla politica con la p maiuscola e al Parlamento di svolgere il compito previsto dalla Costituzione. I partiti devono essere riferibili a filoni culturali europei, non a logiche localistiche, personali o populiste, e quindi forze popolari, socialiste, liberal-democratiche che si confrontano sul modello paese e trovano le soluzioni migliori per governarlo, e che in periodi d’emergenza assoluta come questi trovano le ragioni del bene comune per governare insieme - non per delegittimarsi a vicenda. La democrazia non può sopportare a lungo di essere spogliata delle sue prerogative con governi tecnici o peggio ancora con discriminanti che creano il sorgere di movimenti antipolitici, antieuropei, determinati dall’incapacità di parlarsi che hanno le forze politiche tradizionali. Il rischio è di essere travolti: anche a questo hanno portato l’antiberlusconismo e il berlusconismo, ed è ora di mettere in campo una costituente liberal-democratica che associ movimenti, partiti, personalità della cultura e della scienza per offrire un approdo serio e moderno ai giovani e alle forze migliori del paese che non possono essere consegnate ad una sinistra ammanettata ai suoi dogmi, ad una destra ammanettata a Berlusconi, ad un centro di potere che fa sottogoverno o peggio ancora alle farneticanti prospettive di una protesta senza cultura di governo, senza cultura in assoluto, dove convivono le ali dell’estremismo di destra e di sinistra che ci porterebbero verso la dittatura e il declino. E’ ora che tutti gli intellettuali liberal-democratici veri escano allo scoperto, che gli imprenditori seri si orientino alla modernità del pensiero piuttosto che alla protesta, che i lavoratori e i giovani disoccupati pensino all’Europa e alla sfida dei mercati mitigati dalla politica piuttosto che agli ammortizzatori sociali e ai salari garantiti che sono favole che non possiamo più permetterci. Ed è ora che le forze che storicamente hanno rappresentato queste culture si rinnovino e si riorganizzino su basi nuove e diverse dalle forme partito tradizionali, preservando però i loro simboli e proponendo le loro idee. Il rinnovamento vero è quello delle idee su cui si deve innestare il rinnovamento delle classi dirigenti. Il rinnovamento coi certificati anagrafici è del tutto inutile e, come le carriere per anzianità, è a prescindere dal merito e produce solo mediocrità. |